#3 Dovremmo considerare il chemsex una questione di salute pubblica?
E poi la storia del Franco Basaglia della Giamaica, chi non si può permettere la psicoterapia in Italia, e i famigerati 10.000 passi al giorno che dovremmo fare 👟
La scorsa settimana nel primo episodio del podcast di Stati di salute abbiamo sentito chi vorrebbe portare gli psichedelici in Ucraina per curare il PTSD dei veterani. Puoi ascoltarlo anche su Spotify, Apple Podcast e Amazon Music. Proseguiremo così: le uscite dispari saranno raccolte di storie e notizie, le uscite pari episodi podcast dedicati a un solo tema. Tra l’uno e l’altro, c’è sempre la playlist 📻.
La Francia sembra prendere sul serio il tema del chemsex
Il chemsex è un fenomeno di cui si è parlato nell’immediato dopo pandemia su diverse tastate, anche in Italia. Si tratta dell’assunzione - anche via endovena - di determinate sostanze per aumentare la libido nei rapporti sessuali, ed è riscontrato in particolare nei rapporti tra uomini (definiti con l’acronimo MSM, men who have sex with men). È un argomento difficile da trattare senza scadere nel pruriginoso, senza essere morbosi, allarmisti e senza toni discriminatori.
Ho trovato, però, un articolo del quotidiano francese Le Monde nel quale lo si considera da una prospettiva diversa: quella della salute pubblica, a partire dalla tutela della salute fisica e mentale di chi lo pratica.
Per cercare di stimare l’entità del fenomeno, in un report del 2022 redatto per il Ministero della Salute francese una serie di esperti hanno interpretato dei dati arrivando a una stima molto approssimativa che varia tra i 100.000 e i 200.000 francesi potenzialmente interessati. L’approccio al problema non è di tipo morale ma di salute pubblica perchè l’utilizzo ripetuto di alcune sostanze - nell’articolo sono citate 3-MMC, 3-CMC, GHB, MDMA - può portare allo sviluppo di una dipendenza. Non solo: i medici hanno segnalato anche problemi cardiovascolari, neurologici e psichiatrici derivanti dall’abuso.
Quali conclusioni trarre? Le Monde segnala soprattutto una cosa: la carenza di organizzazioni capaci di aiutare coloro che vogliono parlarne con un medico, per fare prevenzione, riduzione dei rischi associati e orientamento verso cure mediche appropriate laddove ve ne sia bisogno.
E da noi?
Mi chiedo soprattutto se siamo capaci di mettere un tema sotto la lente della salute pubblica senza fare i moralizzatori, cercando invece di ascoltare ed essere efficaci nella tutela della salute. E non vale solo per il chemsex.
Per saperne di più:
🇫🇷 qui la versione in francese dell’articolo de Le Monde
🇮🇹 tra i vari articoli italiani, segnalo questo su Sanità informazione
Quanti italiani non vanno dallo psicologo perchè costa troppo?
Uno su dieci - considerando solo i maggiorenni - secondo il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi (Cnop), il quale ha commissionato di recente un’indagine all’Istituto Piepoli. Il saldo tra chi ha visto nell’ultimo anno la propria salute mentale peggiorata invece che migliorata, nel campione di intervistati risulta negativo: -15%. E la fonte principale di stress per la maggioranza relativa, pari al 24% del campione, è la propria condizione economica.
Chiaramente, sono dati che vanno contestualizzati, ma servono a farsi un’idea orientativa.
Da questo squilibrio nell’accesso alle cure psicologiche sono emerse in Italia negli ultimi anni iniziative di terapia sospesa, a volte con destinatari specifici - come le donne e i minori vittima di violenza oppure le madri in povertà - oppure offerte da associazioni sul territorio.
Frederick Hickling, il Basaglia della Giamaica 🇯🇲
Negli anni Settanta e Ottanta, mentre in Italia era in atto la rivoluzione psichiatrica ispirata da Franco Basaglia, in Giamaica lo psichiatra Frederick Hickling lavorava all’ospedale psichiatrico Bellevue, a Kingston.
Grazie a Hickling, questo paese - che solo dal 1962 aveva guadagnato l’indipendenza dal Regno Unito - è stato uno dei primi al mondo a deistituzionalizzare le cure per la salute mentale dei suoi cittadini. Cosa ancor più rara per un paese a medio-basso reddito, come sottolinea l’articolo del Guardian che consiglio di leggere.
“Oggi fino all’80% dei giamaicani con disturbi mentali cronici non è ospedalizzato al Bellevue ma riceve trattamenti in centri medici locali o a casa, grazie a team mobili formati da medici e infermieri specializzati”.
Benissimo, tuttavia c’è un grosso problema: le risorse economiche scarseggiano.
Il meglio è nemico del bene 😮💨
10.000 passi al giorno, ma chi l’ha detto?
Ho un’app sul telefono che monitora quanto cammino, ma per non demoralizzarmi ho impostato 8.000 passi come obiettivo quotidiano. Da quando ho letto questo articolo di Scientific American mi sento meno in colpa per il mio imbroglio.
Non sapevo, infatti, che l’obiettivo di 10.000 passi al giorno è stato fissato dal marketing, non dalla scienza. Negli anni Sessanta una azienda giapponese ha messo in commercio il suo pedometro chiamandolo “il conta 10.000 passi” perchè il carattere giapponese per 10.000 ricorda una persona che cammina🚶.
Ma qualcuno ha cercato di capire se effettivamente 10.000 passi al giorno fanno bene? Uno dei primi studi è stato pubblicato nel 2019, altri sono seguiti, e in sostanza la risposta è: sì, se hai meno di 60 anni fare ogni giorno tra gli 8.000 e i 10.000 passi è una buona idea per la tua salute e per la tua aspettativa di vita, se hai più di 60 anni ne bastano tra i 6.000 e gli 8.000. Buona camminata.
Questo numero della newsletter è stato scritto ascoltando Bandiera Bianca di Franco Battiato: “A Beethoven e Sinatra preferisco l'insalata / A Vivaldi l'uva passa che mi dà più calorie”.
Su Spotify puoi seguire la playlist di Stati di salute curata da me. 🫀🫶🧠