Medici e ospedali sono sempre più un obiettivo nei conflitti
Gaza e Sudan ma non solo: negli scenari di guerra gli episodi di violenza contro strutture e personale sanitario sono aumentati del 25% 🏥
E poi, le differenze di mortalità evitabile tra Nord e Sud in Italia, un salto a Bruxelles e, infine, l’utile gioia del parlare da soli ad alta voce.
Sotto attacco
Safeguarding Health in Conflict è una coalizione di ONG che si occupa di tutelare strutture e personale sanitario in zone di conflitto. L’ultimo dei rapporti che stila ogni anno esplicita qualcosa di cui già ci si era fatti un’idea: mai come negli ultimi mesi gli attacchi a medici e ospedali in scenari di guerra si sono moltiplicati. Lo racconta qui il Guardian.
Strutture destinate alla cura sono state bombardate, vandalizzate, occupate, razziate. Il personale è stato arrestato, rapito, ucciso. Nel 2023 sono stati registrati oltre 2.500 episodi di violenza simili, in un anno l’aumento è stato del 25%. I sanitari uccisi sono stati più di 480: si trovavano nelle loro case, negli ospedali o in viaggio verso qualcuno che aveva bisogno di assistenza medica.
L’incremento è stato attribuito soprattutto ai conflitti in corso a Gaza, in Sudan, in Ucraina e in Myanmar, ma i paesi monitorati per il rapporto sono una ventina.
Per fare un esempio, tra questi c’è anche Haiti.
📍 Della situazione disperata dell’isola ne avevamo parlato qualche tempo fa in questo episodio di Stati di salute, nel quale era intervenuta anche l’inviata di Avvenire Lucia Capuzzi.
📰 Di recente un articolo sul sito dell’agenzia Associated Press raccontava di come ad Haiti si cerchi di far fronte agli effetti dell’esposozione alla violenza sulla psiche dei più giovani. Vi lascio il link qui.
Sugli effetti della guerra sulla salute mentale della popolazione civile ho scritto di recente un articolo che riguarda l’Ucraina, sentendo psicologhe e psicoterapeute del posto che hanno raccontato aspetti diversi del tema.
L’articolo è stato pubblicato su Il Foglio Review di questo mese.
🇮🇹 Italia, al Sud la mortalità resta più alta rispetto al resto del paese
Anche in questo caso magari un’idea l’avevamo già, ma un recente studio dell’Istat ci offre un quadro impietoso delle diseguaglianze tra regioni italiane in fatto di mortalità e sanità.
Vi riporto la sintesi di pochi risultati, l’anno di riferimento è il 2021:
Dalla città metropolitana di Reggio Calabria se ne va a curarsi in un’altra regione quasi 1 paziente su 4; a Genova è quasi 1 su 10.
Le città del Sud hanno i valori più alti di mortalità evitabile: al primo posto c’è Napoli (27,1 per 10mila nel 2021), seguono Messina e Palermo (circa 23 ogni 10mila). Mortalità evitabile? L’Istat la spiega così:
“La mortalità evitabile si riferisce infatti ai decessi delle persone di età compresa fra 0 e 74 anni che potrebbero essere evitati o ridotti in quanto riconducibili a cause di morte contrastabili con un’adeguata e accessibile assistenza sanitaria, con la diffusione di stili di vita più salutari e con la riduzione dei fattori di rischio ambientali”.La mortalità più alta per tumore si riscontra a Napoli e Catania, quella per malattie circolatorie a Messina e Napoli.
📌 Per approfondire, oltre allo stesso documento dell’Istat che è linkato sopra, vi rimando all’articolo di Quotidiano Sanità.
🇪🇺 Le elezioni europee si avvicinano
Nel caso in cui vi fosse sfuggito, vi lascio l’episodio podcast che ho pubblicato la scorsa settimana, nel quale a David Carretta (Radio Radicale, il Foglio,
) ho domandato quali sono gli effetti sulla nostra salute di alcune politiche europee, e non solo.📰 Sempre da Bruxelles, una storia interessante.
La storia in questione riguarda la crisi di una Ong che si occupa di salute pubblica, la European public health alliance (Epha), definita da Politico.eu una delle voci in campo sanitario più rispettate degli ultimi 25 anni. Invece negli ultimi tempi, secondo le informazioni raccolte dalla testata, hanno iniziato a girare voci sulla mancanza di trasparenza dell’organizzazione e dell’ostilità lavorativa al suo interno. Interpellata, la direttrice generale Milka Sokolović ha respinto le accuse (che riguardavano anche suo marito).
La vicenda è ben più lunga e complessa di così, vi rimando all’articolo di Politico.eu.
Il motivo per cui questa storia acquisisce interesse pubblico è ben sintetizzato in questo passaggio:
“The chaos at such a well-respected NGO has shocked the European health care sector. It puts at risk the united front in public health advocacy in Brussels, at a time when Europe has turned its attention away from the pandemic and health policy, making the fight to be heard harder for health groups.”
In breve, una crisi di credibilità per uno dei più forti lobbisti europei nel campo della salute pubblica si può ripercuotere su chi fa attivismo in questo settore.
Infine, io parlo da sola e con l’avanzare dell’età lo farò sempre di più 👋
L’articolo del New York Times che vi segnalo parte dal racconto della giornalista che dice di avere iniziato a parlare da sola ad alta voce, adesso che ha raggiunto la mezz’età.
Io l’ho sempre fatto, senza problemi, e continuerò a farlo. A maggior ragione adesso che mi sono stati spiegati i benefici del parlare da soli: per la memoria, per l’ansia, per l’umore. Ok, ci sono dei limiti: quando ci si rivolge a sè stessi sempre in modo negativo, per esempio. Ma, in generale, direi che posso ritenermi soddisfatta dei miei discorsi solitari. Spero vi capiti altrettanto.
Questa newsletter è stata scritta ascoltando Wichita dei SUSS, oramai ascolto country ambient per 8 ore al giorno. Ve la lascio nella nostra playlist. Statemi bene. 🫶🫀🧠