Teste calde
E come affrontare la nostra ansia da cambiamento climatico. Poi, i medici in Afghanistan e infine la disinformazione sulle carni rosse 🍖
Stati di salute andrà in pausa durante tutto il mese di agosto. L’ultimo numero, previsto per il 28 luglio, raccoglierà storie e articoli adatti al periodo di ferie. La scorsa settimana, invece, ho pubblicato un episodio del podcast e il tema è stato la salute dei sex worker in Italia.
Il caldo estremo nelle menti e nei corpi
I went out walking
Under an atomic sky
Where the ground won't turn and the rain it burns
Like the tears when I said goodbye(The Wanderer, U2 & Johnny Cash)
L’immagine che ho trovato per aprire questo numero della newsletter mi ha fatto venire in mente questa canzone. Non sono credente come lo era Johnny Cash (che il Dio che lui ha pregato lo abbia accanto a sé) ma lo stesso ho paura dell’Apocalisse.
Solo che oggi qualcuno chiamerebbe tale sentimento eco-anxiety. Questa settimana il sito del New Yorker ha dedicato i suoi articoli alla salute mentale (è la “therapy issue”) e io ho letto il pezzo su come dovremmo affrontare i nostri sentimenti riguardo la climate anxiety.
Si apre con un aneddoto, un ragazzo che finisce per andare in terapia attribuendo la ragione del suo malessere psicologico ai cambiamenti climatici. L’articolo si sviluppa, e tra gli spunti interessanti c’è il racconto da parte di una psicoterapeuta specializzata in climate-therapy di come lei cerchi di accompagnare i suoi clienti verso un territorio di sostenibilità dell’angoscia per le sorti del nostro pianeta. Invece, due tipiche reazioni del nostro cervello di fronte a questa mole di informazioni negative e sconcertanti sono negazione e fatalismo: non significa necessariamente negare l’esistenza del problema, ma anche solo convincersi che tanto qualcuno troverà una soluzione.
🤷🏻♀️ Io percorro esattamente questa strada e lo stesso articolo del New Yorker - nonostante sia bello e lo consigli - l’ho letto controvoglia, mentre una parte di me ripensava alla scena della serie tv The Newsroom nella quale il giornalista e nice guy per eccellenza Jim Harper esprime platealmente il suo disinteresse alla collega che gli propone un servizio sulla questione ambientale.
So di sbagliare, forse lo sapeva in cuor suo anche Jim, e sull’argomento prometto che tornerò.
Arriviamo alle ondate di calore, aspetto della questione più ampia dei cambiamenti climatici. In questi giorni la stampa straniera e quella italiana si sono occupate degli effetti del caldo estremo sulla salute fisica e mentale.
🇮🇹 In Italia, tra gli altri, ne ha parlato il Corriere della Sera.
🇺🇸 In How extreme heat impacts your brain and mental health, il Time ricorda che sebbene sia chiaro che il caldo abbia un impatto sulle funzioni del cervello, meno chiaro è l’esatto meccanismo. Sappiamo solo che sono in gioco diversi fattori psicologici, sociali, biologici, e in un mondo che destinato a riscaldarsi sempre di più, fare ricerca in questo campo ha la sua importanza.
🇪🇸 Per quanto riguarda l’impatto del caldo estremo sulla salute fisica e sulle diseguaglianze sociali, ho letto un articolo non di una istituzione medica ma dello Human Rights Watch. Il caso è quello della Spagna, dove hanno costatato gli enormi disagi che le persone con disabilità vivono durante questo tipo di emergenze. E il problema non è solo il clima, ma le risposte dei governi.
🇲🇽 Chiudo con questo avvertimento che arriva dal Messico: tenere in buono stato la rete elettrica contribuisce a salvare delle vite, soprattutto quando avere l’aria condizionata oppure no può fare la differenza per la salute delle persone.
I medici abbandonati dell’Afghanistan
A quasi due anni dal completo ritorno al potere dei Talebani, in Afghanistan è in corso una crisi sanitaria, oltre che economica. L’attenzione e gli aiuti economici dall’estero scarseggiano, i problemi aumentano, e il governo talebano continua a restringere le libertà delle donne, con effetti a volte assurdi.
Nel lungo e bel reportage del Washington Post, un medico afghano racconta, per esempio, come gli emissari locali del Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio avessero quasi fatto fallire la campagna vaccinale per la Covid-19 nella sua clinica, con la richiesta che le dottoresse non venissero formate da colleghi uomini.
Gli ufficiali talebani hanno proposto di mettere una tenda tra l’istruttore maschio e le allieve, ma hanno alla fine ceduto dopo che il vaccinatore ha evidenziato loro le implicazioni pratiche: “Come puoi insegnare da dietro una tenda come si inietta un vaccino nel modo corretto?”.
Il meglio è nemico del bene 😮💨
Nessuna restrizione sulla carne rossa? Anche no.
Se vi dovesse capitare di sentire qualcuno citare uno studio che scagiona le carni rosse, affermando che non è dimostrata la necessità di limitarne il consumo per la salute, non fidatevi. La questione è arrivata alla mia posta elettronica grazie alla newsletter del progetto Smart Food dello Ieo, l’Istituto europeo di oncologia. Nell’articolo – riproposto a tre anni dalla sua pubblicazione, evidentemente ce n’era bisogno - gli esperti italiani spiegano che lo studio non valuta gli effetti positivi sulla salute che derivano dalla riduzione del consumo di carne rossa a favore di legumi e pesce azzurro, e ignora la questione dell’impatto ambientale.
Quindi, riassume lo Ieo, limitiamoci a un massimo di 500 grammi di carne rossa a settimana e al consumo di quella lavorata solo in rare occasioni. 🥪
Potete immaginare che questo numero della newsletter l’abbia scritto ascoltando soprattutto The Wanderer. Vero, ma nella playlist di Stati di salute su Spotify ho messo anche Fake Empire dei National, giusto per starcene allegri. Bruno Martino odiava l’estate, anche io. 🧠🫶🫀