La valanga del disimpegno
Intro. Anche in Europa si tagliano gli aiuti- Sessantasette giorni di Trump - Outro. Rue d’Aerschot, una anticipazione
Premessa. C’è molto da ascoltare in questo numero, alzate il volume. 📻
Intro. Anche in Europa si tagliano gli aiuti
Nel precedente numero di questa newsletter avevo cercato di spostare l’attenzione sull’Europa, mettendo in pausa le continue notizie in arrivo dagli Stati Uniti. Le riprenderemo tra poco.
Perchè anche stavolta ripartiamo dal nostro continente. Lo spunto è questo articolo pubblicato da Euronews che illustra i tagli alla spesa per salute globale da parte dei paesi del continente europeo. Vi riporto tre degli esempi citati nell’articolo:
UK: gli aiuti ai paesi stranieri passeranno dallo 0,5% allo 0,3% del Pil nazionale
Francia: meno 35% aiuti stranieri
Belgio: fondi per la cooperazione tagliati del 25%
In questi tagli rientrano anche i soldi che finivano in progetti per la salute globale, dalle malattie trasmissibili - tubercolosi, Aids, malaria - alla prevenzione di future epidemie o peggio.
L’attenzione ai piani per la difesa è una delle spiegazioni, che si lega al momento politico favorevole alle formazioni di destra, che storicamente hanno altre priorità. Ma conta chiaramente il lasciapassare politico e culturale che arriva dagli Stati Uniti, che ricordiamo essere stato finora di gran lunga il principale finanziatore al mondo di progetti per la global health.
Il disimpegno sta procedendo come una valanga.
Ne ho parlato con Stefania Burbo di Network Salute Globale e con Maria Grazia Panunzi di Aidos (Associazione italiana donne per lo sviluppo).
Stefania, sul clima che spira in Europa riguardo i fondi per la cooperazione internazionale:
Ancora Stefania, stavolta sull’impatto che lo smantellamento dei programmi USAID sta generando anche da noi:
Maria Grazia, anche lei sugli effetti pratici della chiusura di progetti finanziati dagli Stati Uniti (ma il discorso non cambia anche se il finanziatore è un paese europeo):
🇮🇹 E l’Italia, vi starete chiedendo? Stiamo tagliando anche noi, ma fatemi raccogliere per bene i numeri e poi ne riparliamo con calma.
Sessantasette giorni
E adesso, come necessario, bisogna comunque affrontare l’effetto dei primi sessantasette giorni di neotrumpismo sulla salute globale. Ho provato a fronteggiare la mole di articoli e input che si è abbattuta anche su di me in queste settimane.
Prima ancora di lanciarmi in analisi, ho trovato necessario fare ordine con una selezione di strumenti, dialoghi e approfondimenti.
🕐 Primo strumento utile. Se ve lo siete perso, il New York Times permette di tracciare le azioni dell’amministrazione Trump II giorno per giorno, filtrandole per tema. C’è anche la salute. 🎁 Ecco il link in regalo per i non abbonati al NYT.
Caos PEPFAR. L’acronimo riassume il nome ufficiale del vasto programma di aiuti varato da George W. Bush per combattere la diffusione di HIV/AIDS nel mondo. Dopo vent’anni sta subendo una inversione di rotta, come spiegato in questo articolo sul sito di Formiche.
Il 24 marzo scorso è stata la Giornata mondiale contro la tubercolosi. Sembra un problema lontanissimo ma lo sembrano tutti finchè la guardia resta alta. Nella regione eurasiatica i casi tra i bambini sotto i 15 anni sono in aumento, come segnala l’OMS/WHO. E a livello globale i tagli allo USAID possono far arretrare gli sforzi di contenimento fino al punto da portare a una nuova forma della malattia più resistente ai trattamenti disponibili. Lo riporta il Guardian.
Il New York Times nelle ultime ore ha riportato che l’amministrazione Trump II ha tagliato i finanziamenti anche a decine di programmi di ricerca per studiare vaccini e trattamenti contro non solo la Covid-19 ma anche su patogeni che potrebbero causare future pandemie. 🎁 Ho i link da regalare e non ho paura di usarli, quindi potete leggere l’articolo per intero qui.
A proposito di future pandemie: l'aviaria. Lasciando perdere la storia delle uova chieste al Veneto (qui se ve la siete persa), ricordiamo solo che mentre la situazione ha raggiunto livelli allarmanti anche secondo la FAO, RFK Jr ha proposto di far circolare il virus indisturbato.
Infine, da ascoltare, due episodi di podcast sulle conseguenze dei tagli voluti da Trump.
Il direttore del New Yorker, David Remnick, intervista uno dei vertici dello USAID che ha lavorato con l’amministrazione Biden.
La giornalista Mia Malan del progetto di giornalismo sudafricano dedicato alla salute globale, Bhekisisa Podcast, intervista il responsabile del programma PEPFAR fino al 2023.
Outro. Rue d’Aerschot, una anticipazione
Cambio di argomento per il finale.
A inizio febbraio sono stata a Bruxelles per coprire alcune storie. Una di queste riguarda un tema che ho già trattato in precedenza su Stati di salute, il lavoro sessuale e le sue implicazioni anche di salute sessuale e pubblica. Ancora non sapevo che agli Oscar avrebbe vinto un film, Anora, la cui protagonista è una sex worker; sarebbe successo qualche settimana dopo.
Ma perché il Belgio? Perché è il primo paese al mondo che di recente ha approvato una legge che consente a chi offre servizi sessuali di stipulare contratti lavorativi regolari.
Ho incontrato i rappresentati di una organizzazione per la difesa dei diritti delle/dei sex worker e ne ho parlato anche con un’altra organizzazione, completamente contraria alla legge.
Nell’umida controra invernale di Bruxelles le vetrine di rue d’Aerschot sono quasi tutte deserte, le trousse con i pennelli e i trucchi lasciate semiaperte sugli sgabelli da bar rivolti verso il marciapiede. In poche eccezioni sono occupati da donne svestite che svogliatamente guardano lo schermo dello smartphone, fumano una sigaretta e non fanno caso a chi cammina dall’altra parte del vetro, agli operai che riparano la strada, a chi porta le borse della spesa. A loro volta i passanti non le notano più di tanto, non ci sono turisti, nessuno gira in gruppo per l'addio al celibato dell’amico.
Sul lato opposto alle vetrine nelle quali si offrono servizi sessuali notte e giorno corrono i binari della stazione nord. Schaerbeek è un’area di Bruxelles nota per la presenza di queste attività ma non è un’attrazione come il distretto a luci rosse di Amsterdam. I locali con gli sgabelli in vetrina sembrano più dei centri estetici di periferia. La parallela di rue d’Aerschot, rue de Brabant, è l’arteria di un quartiere multietnico che non si è arricchito, con le bancarelle dei negozi che espongono ciabatte di gomma, pantofole, valigie, giocattoli di plastica, tappeti, tute, fiori finti.
Dal 2022 chi affitta gli spazi per offrire sesso a pagamento non commette più reato. Quell’anno il Belgio è infatti diventato il primo paese in Europa a decriminalizzare la prostituzione. Nel dicembre 2024 è diventato il primo al mondo a varare una legge che fissa le condizioni alle quali i lavoratori e le lavoratrici sessuali che svolgono atti fisici possono essere assunti con un regolare contratto da sex worker. «Prima di questa legge l’unico modo per essere registrati come sex worker era da lavoratore autonomo ma, come sappiamo, essere un lavoratore autonomo non è ben tutelato qualsiasi sia il tipo di lavoro», mi racconta Marianne.
Questo era un estratto del mio reportage per la rivista mensile Il Foglio Review, che troverete da domani in edicola. 🗞
🇮🇹 Se volete invece approfondire il tema dal punto di vista italiano, vi rimando all’episodio del podcast di Stati di salute nel quale ho intervistato due rappresentati di una analoga associazione italiana, Swipe.
Come stanno i sex worker italiani
Parlando di salute, i sex worker italiani (ma sarebbe meglio parlarne al femminile, siccome sono in maggioranza donne) ci mettono in discussione in due modi. Raccontandoci quanto è accessibile nel nostro paese la cura della salute, soprattutto que…
Questa newsletter è stata scritta ascoltando Accireme dei 24 Grana. Loro sono la Napoli che incontro nella mia mente, come i pomeriggi di marzo nel chiostro di San Marcellino, i passi nel corridoio dell’emeroteca Tucci. Vi abbraccio. 🫀🧠🫶
Sec worker: un segno di civiltà che in Italia è ancora molto lontano. Non si comprende la ricchezza della diversità e la si contrappone, sbagliando completamente, alla identità: età della pietra…
L’ipocrisia dell’aiutiamoli a casa loro si dovrebbe concretizzare almeno in un mantenimento degli aiuti soprattutto sanitari. Invece non basta depredare molti stati delle loro risorse, per noi preziose,ma siamo così miopi da favorire il proliferare di malattie. Non a caso il vaccino per ebola si è trovato quando è stato infettato un occidentale. Ma non sempre ci potrebbe andare bene, oltre all’indignazione per i morti di ebola che l’occidente avrebbe sulla coscienza.