Soli, depoliticizzati, comunque indaffarati.
Un numero con pochissime soluzioni e diversi spiazzamenti.
Qualcosa che sembra non c’entrare nulla con la salute
Uno degli articoli più interessanti che ho letto in questi giorni sembra non riguardare questioni di salute. In realtà tocca un livello più alto del discorso, al quale si arriva dalla scala dell’economia, dalla scala della salute mentale, da quella della salute in generale e chissà da quali altri punti di accesso.
L’articolo in questione si intitola Saving economics from economist, scritto dagli economisti Clara Mattei e Aditya Singh e pubblicato nel marzo di quest’anno da Project Syndacate. Nell'articolo di parla di depoliticizzazione dell’economia, la quale mi pare di capire che si possa intendere soprattutto come una sottrazione ai temi della giustizia sociale: come se occuparsi di produzione e distribuzione delle ricchezze non c’entrasse nulla con una società meno infelice.
La volta precedente nella quale avevo letto un ragionamento sulla depoliticizzazione era in riferimento alla salute mentale (cfr. Mark Fisher e la sua privatizzazione dello stress). Il disinteresse dello Stato nei confronti non tanto e non solo della salute mentale dei propri cittadini, insieme allo smantellamento dei sistemi di welfare, sono alcuni dei ragionamenti sui quali Stati di salute si poggia.
Non si tratta solo di sciorinare i fatti della salute, si tratta di inserirla in un discorso che punta al parlare di come stiamo e di come potremmo essere più felici.
Se avete qualche lettura da suggerirmi sulla depoliticizzazione e affini, mandatemi un messaggio: non vedo l’ora.
Un’epidemia che non c’entra nulla con i virus
Probabilmente vi sareste aspettati tra le storie di questa settimana la notizia del ritiro del vaccino contro la Covid-19 da parte di AstraZeneca. Non c’entra nulla la questione degli effetti collaterali: è semplicemente calata la domanda (se ricordate, avevamo anche segnalato che Moderna aveva messo in pausa la produzione di vaccini in Kenya). La Covid-19 non ci fa più paura - guarda un po’ - proprio grazie ai vaccini. Anche se invece a farci paura sono proprio i vaccini. Ne ha parlato qui👇
.Ma allora, quest’altra epidemia?
Vivek Murthy è il General Surgeon, il chirurgo generale, degli Stati Uniti: ricopre, cioè, la carica più elevata a livello federale per quanto concerne gli affari di salute pubblica. Insomma, Murthy ha a cuore un tema e lo tratta come un tema di salute pubblica: la solitudine. L’isolamento sociale non è un problema solo per gli americani, ma Murthy insieme ad altri hanno sollevato la questione anche in sede dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’OMS a novembre ha istituito una nuova Commissione a riguardo. Gli effetti sulla salute mentale e fisica delle persone saranno argomento di una prossima newsletter.
Anche nell’epidemia di solitudine potremmo ritrovare gli elementi di cui parlavamo all’inizio, un legame esistente ma negato con le scelte politiche e le condizioni sociali ed economiche. Un bell’articolo che affonda su questo argomento è questo, diffuso in una newsletter del Financial times. Ne riporto un passo.
Tenendo presente come definizione di “bella vita” quella correlata agli affetti e alla vita in comunione con gli altri, l’autrice evidenzia che:
Il problema è che nella nostra cultura di un capitalismo digitale ad alta velocità e di sovraccarico di lavoro non c’è abbastanza tempo o, per molti, abbastanza denaro (a meno che non si facciano tre lavori) per darci la sicurezza di raggiungere quella bella vita.
Che la vita in comunione con gli altri sia la frequentazione della parrocchia, di un centro per i diritti lgbt+, di un gruppo di giardinaggio per sistemare le aiuole del quartiere non importa. Sarà sempre meglio del vivere nel meccanismo casa-lavoro-casa. Sul tema torneremo, anche più volte se necessario.
«Au déboulé garçon pointe ton numéro / Pour gagner ainsi le salaire / D’un énorme jour utilitaire / Métro, boulot, bistrot, mégots, dodo, zéro. » (Pierre Béarn, 1951)
Avrei altri spunti, ma per il momento vi lascio, ricordando che se volete potete sostenere questa newsletter con un abbonamento. Avrete la mia gratitudine.
Un altro modo per sostenerla attivamente è condividerla. Grata, anche in tal caso.
Questa newsletter è stata scritta riascoltando tutta la nostra bella playlist, alla quale ho aggiunto l’evocativa The path to somewhere del Søren Bebe Trio. Vi abbraccio, e statemi bene. 🧠🫀🫶