Peggio le ragazze: la salute mentale dei giovani europei
Intro. Adolescenze - Allora, che fare? - Outro. Mezzo secolo di Prozac
Intro. Adolescenze
Nella seconda metà di maggio è probabile che se seguite questo genere di argomenti vi sia capitato di leggere o vedere qualcosa riguardante la salute mentale in Europa: dal 19 al 25 dello scorso mese alcune iniziative e pubblicazioni sono finite sotto l’ombrello della European Mental Health Week.
Vivendo a Milano sono sovraesposta alle week per qualunque cosa e ho finito per sviluppare un’allergia simile a quella per i pollini dei viali milanesi 🤧. Ho dunque aspettato che passasse la settimana europea della salute mentale per scrivere questo numero sulla salute mentale in Europa.
Di tutti gli articoli che mi sono capitati ne ho scelto in particolare uno, che incontra l’ossessione dei media generalisti e del loro pubblico nei confronti della salute mentale di un particolare gruppo di cittadine e cittadini: i giovani.
Dell’accoppiata di parole chiave SALUTEMENTALE+GIOVANI parlo molto spesso, soprattutto per ragionare sul fatto che ai fruitori dei media tradizionali - quindi genitori e nonni - si parla moltissimo dei disturbi dei ventenni e pochissimo di quelli dei sessantenni, probabilmente perché è più rassicurante (e più vendibile) dell’invito a guardarsi allo specchio.
Il concetto l’ho esteso un po’ nella lezione al festivalfilosofia 2024, lo trovate qui.
Questo ovviamente non vuol dire che gli adolescenti e i ventenni europei stiano una bellezza e nemmeno che non valga la pena parlarne: infatti, eccovi una sintesi del pezzo di Euronews che ho messo da parte per questa newsletter.
I dati sono presi dal progetto Espad, che raccoglie interviste in quasi tutto il continente europeo - inclusa l’Italia - su stili di vita e comportamenti a rischio degli adolescenti: fumo, alcool, dipendenze da altre sostanze d’abuso. Lo scorso anno l’Espad ha raccolto anche informazioni sullo stato di salute mentale degli intervistati, ragazze e ragazzi di 15 e 16 anni provenienti da 37 paesi diversi.
Vale la pena sempre sottolineare che misurare la salute mentale di qualcuno è un’impresa complicata, perché non esistono valori oggettivi come quello della glicemia nel sangue o il numero di battiti per minuto.
Comunque, se le cose son fatte bene, le indicazioni che emergono da questo genere di ricerche sono utili per farsi un’idea. Eccone qualcuna:
📊 Il 59% degli adolescenti europei gode di un buono stato di salute mentale nel complesso, ma con differenze di genere e di nazionalità.
⚤ Le ragazze si sentono peggio dei loro coetanei (49% vs. 69% ), soprattutto in alcuni paesi, tra cui l’Italia 🇮🇹 dove due terzi dei ragazzi hanno riportato una buona salute mentale, contro solo un terzo delle ragazze.
Avanzo un’ipotesi: è possibile che sui dati sulla salute mentale maschile influisca un po’ la difficoltà ad aprirsi e chiedere aiuto da parte di questo genere. Se qualcuno ha qualche spunto o idea su questo me la può lasciar scritta nei commenti.
🌍 I paesi con i dati migliori sono quelli nordeuropei (Isole Faroe, Islanda e Danimarca, tutti oltre il 70%), il paese con gli adolescenti più in difficoltà è evidentemente l’Ucraina, che riporta un dato inferiore al 50%.
Allora, che fare?
Nell’articolo sono indicati tra i fattori più influenti del disagio giovanile l’isolamento sociale, le difficoltà socioeconomiche, i conflitti in corso in Ucraina e a Gaza e - ancora - i segni dell’interruzione scolastica e sociale nel periodo della pandemia da Covid-19.
A livello di Unione Europea, l’organizzazione Mental Health Europe fa pressione sulle istituzioni per promuovere la salute mentale con un approccio più ampio di quello solo sanitario, una approccio psicosociale (occhio, non sono assolutamente collegata a loro).
📑 Vi lascio qui il loro policy brief, è l’analisi e la summa delle raccomandazioni rivolte all’UE. In sintesi, investire in diritti sociali (al lavoro, all’istruzione, all’inclusione, alla protezione sociale etc.) significa investire in salute mentale.
Anche per i più giovani, aggiungerei io.
Outro. Mezzo secolo di Prozac 💊
Intendere la salute mentale come un equilibrio influenzato da fattori non solo privati e familiari ma anche sociali si scontra con decenni di egemonia culturale segnata dell’elusiva teoria dello squilibrio chimico per spiegare la depressione, tra le più diffuse condizioni di disagio mentale.
In questi giorni la rivista The Lancet ha pubblicato un editoriale sull’antidepressivo per antonomasia, il Prozac, sintetizzato oltre 50 anni fa.
Ma da dove viene fuori il successo del Prozac, capofila degli antidepressivi a SSRI1? Nel mio libro, Il fronte psichico, avevo raccontato anche la storia esemplare di uno psichiatra americano, Peter D. Kramer, che nel 1995 - pochi anni dopo l’entrata in commercio del farmaco - che aveva pubblicato il libro Listening to Prozac, ascoltando il Prozac, una enfatica lode dell’antidepressivo che ha segnato la sua percezione nella cultura di massa dell’epoca, e che eloquentemente è stato tradotto in Italia con il titolo La pillola della felicità.
Vi riporto un estratto dal mio libro.
Nel marzo 1990 sulla copertina del settimanale Newsweek campeggiava un pillolone verde e la scritta “Prozac. A breakthrough drug for depression”, ovvero “Prozac, un farmaco rivoluzionario per la depressione”. L’episodio venne commentato nelle prime pagine del libro di Kramer che, appena cinque anni dopo l’arrivo sugli scaffali del farmaco, affermava: “La carriera del Prozac fu quella di un’autentica celebrità: la notorietà, seguita dai pettegolezzi, e poi ancora la celebrità, lo scandalo, le cause legali, e infine una tranquilla riabilitazione: ricordava un Gary Hart, un Jim Bakker o un Donald Trump”. Tutto questo attribuire al Prozac una serie di tormenti degni di una saga gossip alla Britney Spears mette sotto l’etichetta riduttiva di “pettegolezzi” i problemi riscontrati con la fluoxetina, ovvero i suoi effetti collaterali, incluso il rischio di comportamenti correlati al suicidio. Negli anni il libro di Kramer, che decanta la capacità trasformativa della pillola nei pazienti, pillola che aprirebbe le porte a una maggiore comprensione di se stessi, ha contribuito a veicolare il cambiamento di percezione degli antidepressivi, da farmaci per i matti a pillole quasi cosmetiche, un aiutino per le persone normali a “stare meglio che bene”.
Encore
Nello scorso numero ho spiegato un po’ di questioni annesse all’approvazione del trattato pandemico in sede di Assemblea dell’OMS/WHO. Se ve lo siete perso, eccolo:
Tutto quello che c'è da sapere sul Trattato pandemico
Questo numero vi arriva in anticipo di una settimana: sorpresa!
🔎 Per un ulteriore approfondimento vi segnalo questo articolo di Think Global Health su multilateralismo e salute globale.
Questo numero di Stati di salute è stato scritto ascoltando i Portishead, vi ho messo in playlist Numb. Un abbraccio 🫶🫀🧠
Selective Serotonin Reuptake Inhibitor, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina.